martedì 26 marzo 2013

Asilo nido mon amour

Quando un nido chiude è una sconfitta per la società tutta.
Su questo non ci sono dubbi.
In tempi di spending review come si mantengono i servizi?
Non ho le competenze per entrare nel dettaglio della questione, ma non posso non provare fastidio nel modo in cui si sta conducendo, più o meno a casa mia, la battaglia contro la chiusura di tre nidi pubblici. Chiusura voluta dal centrodestra e combattuta -giustamente- dagli altri.
E' il modo che non condivido. Per niente.

Per due motivi.
Il primo, fortemente politico, è la necessità che si pone oggi di ridefinire un sistema di welfare universale e sostenibile, dove i due aggettivi non si contrappongano.
Giusto e tattico fare una battaglia contro la chiusura, ma mi piacerebbe che il centrosinistra cogliesse l'occasione per dire qualcosa in più sull'argomento, con il coraggio di guardare anche a aspetti spinosi della faccenda.
Come si sostiene un sistema di nidi pubblici strutturato con orari di lavoro che di fatto seguono quelli della scuola materna e che non rispondono più alle esigenze delle famiglie in cui entrambi i componenti della coppia lavorano (in vista, oltretutto, della futura assenza di nonni che rimarranno a lavoro per l'innalzamento dell'età pensionabile)?
Il silenzio, su questo tema, è imbarazzante.

Se questo primo motivo attiene ai partiti e alla politica, c'è anche un secondo motivo, più sindacale. Dice il referente della Cisl:
Ci preoccupa (...) anche la ricaduta sull’utenza. Andando ad appaltare a delle cooperative il servizio fin qui svolto dagli insegnanti assunti a termine dal Comune, si corre il rischio di perdere la qualità e il controllo assicurato attualmente 
(fonte: http://www.notiziediprato.it/)
Da iscritta ad un sindacato trovo questo ragionamento sbagliato, poco rispettoso, controproducente.
Dai tempi in cui, atipica, andavo a manifestare per l'articolo 18, mi hanno insegnato che non si contrappongono i lavoratori.
Ecco, vorrei che anche i sindacati smettessero di considerare il personale delle cooperative personale di serie B.
La qualità si può controllare - e bene.
Quello su cui non è permesso transigere sono i pregiudizi: la differenza tra un'educatrice di nido che lavora nel terzo settore ed una che è in una graduatoria pubblica spesso è una differenza di prospettive e, sì, di ceto. Perché spesso è chi ha meno opportunità economiche, o chi ha voglia di crescere ed uscire dal nido, quello familiare, a non aver tempo di attendere lo scorrimento di una graduatoria pubblica. E sceglie di andare a lavorare in una cooperativa.
Portando, caro referente della Cisl, una passione e una competenza che forse servirebbe anche nel suo di lavoro.

Sì, sto passando dal teorico al personale, ma ogni volta che leggo cose del genere non posso non pensare al calore e alla professionalità che mi hanno accolto nel nido comunale gestito da una cooperativa, a cui ho mandato mia figlia. Educatrici che guadagnano poco più di mille euro al mese, assistenti di base che non ci arrivano nemmeno, ma che ricordano uno per uno i nomi dei bambini, i loro gusti, le loro piccole fondamentali particolarità. Non è un caso: quell'asilo è frutto di anni di gare di appalto costruite bene*, di un controllo pubblico ottimo, di una strutturazione di rapporti asilo-famiglie-territorio resa possibile solo grazie alla professionalità delle lavoratrici.
Quelle lavoratrici hanno pochi diritti? Sicuramente. Molte di loro non sono iscritte ad un sindacato.
Dopo aver letto cosa, almeno a Prato, un sindacato pensa di loro, non me ne stupisco

*Costruire bene una gara di appalto significa non farla al ribasso, ma dare ad esempio punteggi elevati al tipo di titoli di studio, corsi di formazione, del personale del soggetto che partecipa. Il che provoca anche un circolo virtuoso: per poter vincere la volta dopo, la cooperativa ha tutto l'interesse a formare i propri operatori.

4 commenti:

  1. Cara Daniela, condivido la parte di principio, teorica, sul non mettere in contrapposizione lavoratori di serie A e V. Pero' per esempop a Sesto Fiorentino, con la scusa di appaltare quasi tutti i nidi alle cooperative si è abbassato sensibilmente il controllo sulla qualità delle operatrici/tori. Di fatto è stato deresponsabilizzato il Comune che è diventato solo organo di controllo, troppo spesso poco attento e dando tutta la responsabilità della selezione del personale alle suddette Cooperative che devono rientrare spesso in budget imposti piuttosto bassi.

    Allora bisogna aver fortuna nel trovare persone entusiaste del loro lavoro, oneste e ben preparate perchè se non lo si è stati puoi trovare di tutto (e faccio riferimento a esperienze personali): ex maestre di asili pubblici che arrotodando prima della pensione con metodi anni 60 agghiaccianti, ragazzine allo sbaraglio che pur di lavorare sono disposte a prendere stipendi da fame e dunque non hanno ne il tempo ne la forza di continuare una formazione indispensabile in questo ambito.

    Quindi, diciamo che non è detto che con le cooperative sia peggio matematicamente, ma per essere meglio che il servizio pubblico ci vuole anche tanta fortuna.

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  2. Dipende tutto da come il Comune decide di gestire il servizio: se fa gare di appalto serie oppure no.
    Da me sul nido la gara prevede possesso di titoli e competenze elevatissime, c'è un feedback continuo con le famiglie, insomma, è esternalizzato bene.
    Diversa la cosa col centro estivo: un servizio esternalizzato alla meno che diventa un parcheggio scomodo per chi non può farne a meno.
    Però la differenza tra i due approcci non è fortuna, è scelta politica del comune e del suo modo di fare le cose, con però dalla sua la possibilità di un intervento forte da parte dell'ente locale sul servizio (se vuole esercitarlo). Cosa che invece non avviene con la materna statale, dove il Comune non ha voce in capitolo e dove davvero è fortuna.
    Però la competenza non sta nel tipo di contratto che hanno queste persone, non necessariamente

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  3. "Perché spesso è chi ha meno opportunità economiche, o chi ha voglia di crescere ed uscire dal nido, quello familiare, a non aver tempo di attendere lo scorrimento di una graduatoria pubblica. E sceglie di andare a lavorare in una cooperativa."

    per quella che è la mia epserienza personale, non capisco come una persona che ha necessità di andarsene di casa possa realizzare ciò lavorando in una coooperativa.
    LE cooperative sono il regno dello sfruttamento del lavoratore, e ne so qulcosa dato che vi ho lvorato due anni e in seguito ho conosciut persone che hanno lavorato in cooperative diverse dalla mia, che perlomeno era onesta e ti pagava tutti i mesi.
    Primo, spesso le lavoratrici sono costette w girare anche tre scuole al giorno- e non vicine, magari una è in città, una appena fuori e una in paese a 15 km di distanza, tutte in un giorno ripeto- altrimenti vengono assunte con contratti e ore irrisori (10 ore alla settimana). di corsi di formazione e altro mai sentito nemmeno un accenno, e parlo di cooperative serie e famose nel loro campo.
    Per non parlare delle raccomandazioni: sono anni che cerco di lavorare almeno d'estate al centro estivo, ho mandato per anni il Cv alla cooperativa che se ne occupa ma nisba, nonostante l'esperienz; finchè qualcuno non mi ha detto di lasciare perdere, in quella cooperativa assumono solo sei sei amica, figlia conoscente di....
    Per me le cooperative andrebbero abolite totalmente.

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  4. faccio notare che da dipendente della cooperativa guadagnavo 650 euro al mese; da precaria della PA..dipende da quanto lavoro.
    in nessuno dei due casi ho potuto realizzare il mio sogno di andarmene di casa e costruirmi una mia vita, vorrei vedere...con quei stipendi!!!

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